Cadeo, un comune tagliato in tre (più uno)

CADEO, UN COMUNE TAGLIATO IN TRE (più uno)

(Sergio Efosi Valtolla, fotoamatore, escursionista e narratore)

Il territorio di Cadeo, zona centrale della pianura della provincia di Piacenza, è diviso, come fosse tagliato di netto, in tre porzioni.

La più antica linea divisoria, tra nord e sud del territorio comunale, è rappresentata dalla Strada Statale Via Emilia, alla quale è affiancata, a poche decine di metri verso nord, il tracciato della linea ferroviaria di realizzazione tardo ottocentesca-inizio novecento.

A questo primo “taglio” va aggiunto quello operato di recente, tra metà del secolo scorso e i giorni nostri, dall’Autostrada del Sole, ben oltre, sempre in direzione nord, la citata linea ferroviaria.

Recentemente al tracciato dell’Autostrada del Sole, è stata affiancata, verso sud, la linea ferroviaria dell’alta velocità.

In sostanza: due grandi arterie del traffico su gomma e altrettante su ferro.

In prevalenza lo sviluppo del Comune, nel corso dei secoli, è tuttavia avvenuto lungo l’asse della Via Emilia e attorno ai territori del nord che gravitano vicini al torrente Chiavenna.

Fontana Fredda, l’antica Fonteclos, poi declinata come Fontana di Teodorico, Fontana Frigida e infine Fontana Fredda, è il primo nucleo abitato sorto in questo territorio contemporaneo alla Triulza; solo successivamente venne tutto il resto a cominciare dall’antica Ca’ Dei, la nostra Cadeo.

Una cesura ovest-est, lunga e continua per tutto il comune, tra Pontenure e Fiorenzuola d’Arda, che separa drasticamente il territorio in due “lembi”.

Uno sud, formato da terre agrarie costituite, in parte, dai lunghissimi processi alluvionali dei tre torrenti Chiavenna, il più importante, Chero e Riglio e uno a nord della Via Emilia, sviluppatosi (nel senso della compiutezza agraria) più tardi con Triulza, Selvareggia e Saliceto che, già dai toponimi, rivelano le loro origini.

Il lembo sud è il meno abitato (è da sempre così), il più unitario e il più agrario; quello a nord è, al contrario, più abitato, anch’esso molto agrario ma anche parecchio antropizzato e di recente suddiviso, tagliato in due (più una) parti, dallo sviluppo infrastrutturale con le ferrovie e l’autostrada.

Tuttavia, benché tormentato da sconvolgimenti o forti antropizzazioni (per usare un termine più delicato) paesaggistiche a carico, essenzialmente, delle riviere torrentizie, a volte per esigenze agrarie, altre per esigenze puramente urbanistiche e anche per abusi (si anche questi), lo scenario ambientale del territorio di Cadeo conserva i suoi tratti storici ancora ben riconoscibili.

Una terra tagliata, ma non spezzata e disarticolata; un territorio frazionato, ma non compromesso nella sua unitarietà che conserva ancora (ma per quanto?) una delicata trama storica, pur non priva di tante “smagliature”, che merita massima attenzione e profondo rispetto.

Segni importanti di una storia che potrebbe sembrare lieve, minore, ma che così non è.

A Cadeo ci sono tanti, evidenti, segni di storia depositati in un ambiente di singolare suggestione planiziale.

DALLE FONTANE ALLA VIA EMILIA (1)

Nei secoli antichi, già dall’epoca Romana, il territorio godeva di buona reputazione, come luogo di passaggio e di insediamento umano poiché́ ricco di acque sorgive molto apprezzate e abbondanti.

Al tempo acque poco governate, in seguito regimate per sviluppare l’agricoltura e costrette a percorrere le canalizzazioni realizzate dall’uomo agrimensore-idraulico.

Il console romano Marco Emilio Lepido vi fece transitare le sue truppe e realizzò un tratto di Via Emilia.

Gli stessi Romani, in seguito, concretizzarono questo passaggio a Fontana Fredda (la vecchia Fonteclos, il luogo delle numerose fontane) con la stazione di accoglienza dei viaggiatori e del cambio dei cavalli sul crocevia con la strada che a sud (la Strada della Tartaglia) raggiungeva l’Appennino e a nord la Via Postumia, transitando per la “selva regia”, Selvareggia, il grande bosco planiziale di salici, querce e altre essenze arboree che valicava il territorio di Fonteclos fino a raggiungere il Po, passando per Curtis maior (Cortemaggiore).

Come succede nell’intera area emiliana occidentale, nella pianura padana alluvionale, questo è un territorio dove si avverte molto l’umidità ambientale, si patisce la nebbia, e l’aria è molto viziata, ma questa è cosa recente, dalle polveri fini e finissime del traffico veicolare, delle industrie e del riscaldamento invernale degli edifici.

I TORRENTI DI CADEO E LA LORO DESERTIFICAZIONE

Dalla CTR in blu il confine del comune di Cadeo

Le numerosissime sorgenti d’acqua perenni, presenti un po’ ovunque nel territorio di Cadeo, utilizzate in passato dagli agricoltori, sono oggi fortemente compromesse dai cambiamenti climatici e dall’uso non sempre ottimale.

I tre torrenti naturali Chiavenna, Chero e Riglio, con la grande Ravacolla, anche questa in parte naturale, che transita nel territorio di Fontana Fredda, sono ampiamente popolati da una grande la vegetazione autoctona e alloctona che, nel corso degli ultimi decenni, ha ricoperto le riviere divenendo rifugio naturale di fauna migrante, animali selvatici stanziali e una preziosa fonte di ossigeno per tutti noi.

Tuttavia questa vegetazione ripariale è in forte pericolo manutentivo, in taluni tratti devastata da interventi umani sconsiderati e fortemente speculativi, in altra parte bisognosa di cure urgenti con eventuale asporto di quelle piante che sono pericolose per case e il deflusso delle acque meteoriche nei punti più critici.

Nel Chiavenna c’è il rischio che un intervento manutentivo sconsiderato, per l’ennesima volta in meno di un secolo, possa sortire l’effetto desertificazione ripariale, andando a snaturare il paesaggio nella sua storica armonia e forse compromettendo per lunghissimi decenni la sua straordinarietà naturale.

Le “balle” della difesa spondale (o dal rischio esondazione) sono spesso create ad arte per mascherare una devastazione ecologica e basta; non c’è nessuna vera ragione per desertificare le sponde naturali di un torrente che, giusto per ricordarlo, è da sempre di eccezionale fattura ambientale, ricco di risorgive, di fauna e flora spontanea di alto valore naturalistico.

Mi ripeto: il torrente Chiavenna ha bisogno di risanamento delle sponde, di correzioni contro gli abusi perpetrati dall’uomo e non della desertificazione ripariale.

In particolare “quattro isole” del torrente sono degne di essere assolutamente salvaguardate da scempi e abusi.

  1. Il tratto compreso tra il guado della Via Francigena e il ponte della Tartaglia di Fontana Fredda, storicamente di alto valore naturale; un tempo questo era anche “il lido” e il lago di pesca dei ragazzi del luogo.
  2. Il tratto entro il perimetro storico di Roveleto, mettendo in sicurezza le parti più esondabili senza stravolgerne la sua incredibile bellezza, risanando abusi gravissimi e ben evidenti (condonati?).
  3. Il tratto dal ponte del Ricetto al Contradone “Verdi-Uttini”; purtroppo in talune parti molto compromesso, ma recuperabile. Questo tratto ha le medesime caratteristiche del primo citato e, tra una sponda e l’altra, fin dai tempi più remoti, v’erano tanti insediamenti e attività umane; lungo le sue rive correva la strada percorsa dai convogli postali e commerciali dello Stato Pallavicino e del Ducato che trovavano accoglienza nella “vecchia” Saliceto, nella Palta vecchia, dov’è vissuta e ha operato la famiglia che ha originato il Maestro.
  4. la quarta isola è compresa tra il ponte di Saliceto e la Chiusa, dove l’uomo ha realizzato un importante barriera artificiale, la Chiusa (lo cito con la maiuscola come meritano i monumenti), per fini irrigui e molitori, per il progresso umano, senza apportare sconvolgimenti inaccettabili.

CONCLUSIONI (si fa per dire). I torrenti con i loro sistemi ripariali e spondali, i castelli, le case storiche, i grandi alberi autoctoni, sono patrimonio indivisibile della collettività… di tutti noi e la pubblica autorità dovrebbe essere più attenta e… consapevole. Salvaguardare con vigore e scrupoloso rigore le caratteristiche di un territorio per i molteplici valori culturali e ambientali che contiene e/o ha generato è solo il minimo che si possa pretendere da coloro che abbiamo eletto per governare.

Note

(1)Efosi-Morlacchini-Piazza, Cadeo, dalla Via Emilia all’accoglienza, ripreso dalle pagg. 10-13, Piacenza, 2018

©Sergio Efosi Valtolla

l’oratorio dello Zamberto, ottagonale, versa da anni in condizioni pietose. Urge restauro conservativo e recupero artistico.

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